venerdì 1 settembre 2017

Resurrezione di Roma: il libro della Scuola Abbà

Metà dell’umanità vive oggi nelle città, sempre più numerose, sempre più grandi, evoluzione di una storia iniziata più di 5.000 anni fa in Egitto lungo il fiume Nilo, in Mesopotamia tra il Tigri e l’Eufrate, in Cina lungo il Fiume Giallo, in India lungo il fiume Indo. Una storia affascinante, che presto ha conosciuto tensioni feconde tra mondo urbano e mondo rurale; tra città ideale e reale; tra utopia e storia; tra la città costruita da Caino e quella costruita da David; tra la Gerusalemme terrena, edificata dal basso, e quella celeste, che scende dall’alto; tra la città degli uomini e quella di Dio.
La storia ha conosciuto ulteriori tendenze contrastanti. Da una parte l’abbandono della città, dovuto non solo a invasioni, calamità naturali, ma a volte anche perché considerata luogo di perversione o almeno di distrazione, dall’altra la ricerca della città, agognata come luogo di convivenza sociale. L’esaltazione della vita rurale è stata oggetto di movimenti di pensiero e letterari, come l’Arcadia, il Romanticismo. Altre volte ha dato vita a eventi crudeli e sanguinosi, come con i Khmer Rossi di Pol Pot, in Cambogia, che in pochi giorni svuotarono la capitale Phnom Penh, deportando in massa la popolazione nelle campagne, tentativo estremo per denunciare la corruzione della città e la ricerca ideale di una nuova società. Per contro in tanti fenomeni migratori vengono fondate città alle quali non di rado viene dato lo stesso nome di quelle di provenienza, nella volontà di conservarne la cultura.
Scelte analoghe sono presenti anche all’interno del cristianesimo: da una parte la fuga nel deserto, nelle selve, sulle montagne o nelle isole remote, propria del monachesimo che in tali luoghi ha edificato celle e monasteri, in cerca di solitudine e silenzio, di un rapporto ravvicinato con Dio ritenuto impossibile, o almeno difficile, nel consorzio umano della città. Dall’altra l’elezione della città a luogo d’incon­tro, di fraternità, di condivisione della fatica umana, propria, ad esempio, degli Ordini mendicanti, che hanno costruito i conventi all’interno della cerchia urbana.
La storia del pensiero, assieme alla prassi di uomini illuminati, ha oscillato tra il desiderio di rinnovare la città, ogni volta che se ne percepiva la decadenza, e quello di fondare città alternative, disegnate su determinati ideali. Quest’ultima tendenza, figurata già da Platone e riproposta soprattutto nel periodo del Rinascimento, è all’origine di precisi progetti urbanistici, come Pienza o la medicea Città del Sole, così come delle reducciones e delle misiones di Francescani e Gesuiti in Centro e Sud America, delle comunità di Quaccheri e Amish nel Nord America.
Davanti all’attuale urbanizzazione sempre più massiccia e all’espandersi delle megacities, la città è oggetto d’interesse, di indagine, di dibattito tra sociologi ed economisti, urbanisti e architetti, politici e ambientalisti. In essa si gioca il presente e il futuro dell’umanità.
Anche la Scuola Abbà, centro internazionale di studi del Movimento dei Focolari, intende offrire, con queste pagine, un primo contributo in merito. Lo fa leggendo uno degli scritti più famosi di Chiara Lubich, frutto di una sua esperienza poi trasmessa in un articolo apparso sulla rivista «La Via» nel 1949.

Così inizia la mia Presentazione del libro
Resurrezione di Roma. Dialoghi interdisciplinari su città, persona e relazioni a partire da un testo di Chiara Lubich, l’ultima opera della Scuola Abbà consegnata alle stampe in questi giorni.
Un lavoro svolto con una interessante metodologia come avrò modo di spiegare in seguito.
Buona lettura!

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