lunedì 20 novembre 2017

Enzo Teodori: sentirsi Famiglia oblata


Sono stato a Cassino per il funerale di Enzo Teodori, 53 anni, uno dei nostri amici più vicini, membro del laicato oblato. Sposato con Anna Rita, lascia due ragazzi, Alessandro e Francesca, di 19 e 15 anni. Siamo stati insieme quando ero superiore dello scolasticato a Vermicino. Ha dedicato alcuni anni di volontariato in Africa.
Ha raccontato in video la sua commovente esperienza:
http://www.diocesisora.it/pdigitale/chi-amati-a-rispondere-enzo-teodori/

La mia vita comincia a 18 anni, quando scopro la realtà di Dio Amore. È stata una scoperta così forte e sforante che ho deciso di riorientare tutte le mie scelte, disponibile a tutto quanto avrebbe voluto da me.
Dopo lungo discernimento, quando o capito che avrei dovuto sposarmi, dopo appena due settimane ho incontrarlo Annarita. Ci siamo sposati con la consapevolezza che anche il matrimonio è una vocazione, un modo speciale di vivere il rapporto speciale con Gesù. In questi 18 anni ho sperimentato che la radice del rapporto con mia moglie e i miei figli c’è un rapporto personale con Gesù che si alimenta con la parola, la preghiera, la carità reciproca, i sacramenti.
Un’esperienza molto particolare mi è capitata proprio l’anno scorso quando ha appreso di avere un cancro ad uno stadio piuttosto avanzato.
Il primo sentimento, nell’apprendere questa notizia, è stata di angoscia soprattutto per il rischio di lasciare mia moglie, i miei figli, senza un marito, senza un papà. Mi sono subito immerso in una preghiera essenziale, semplice, fondata sulla richiesta di aiuto e di affidamento e ho avuto come modello la preghiera di Gesù nell’orto del Getsemani. È nata in me grazie a questa preghiera una pace e una serenità che mi ha permesso di affrontare con fiducia le cure e la lunga convalescenza. Fortunatamente adesso tutto si è risolto.
Posso dire che l’aver vissuto, grazie alla preghiera, questa malattia con pace e serenità mi ha permesso di infondere questi sentimenti anche alle persone più care che mi erano vicino. Quindi è stata anche una esperienza missionaria. Il mio rapporto con Dio ha avuto un forte salto di qualità. Posso dire che la mentalità nuova, la conversione in fondo sono un processo di semplificazione la cui meta è di tornare come i bambini che hanno un atteggiamento di fiducia verso il loro Padre celeste. E posso dire che anche la malattia è una strada privilegiato per chi si sente chiamato a scoprire l’amore di Dio.

Ho appena pubblicato sull’ultimo numero della rivista "Oblatio" un suo articolo sulla sua esperienza come laico oblato. Non ho fatto in tempo a farglielo arrivare… Ne riporto una breve parte. Dopo aver parlato della sua vocazione battesimale, laicale e matrimoniale, narra della vocazione di Oblato di Maria Immacolata:

La mia terza specificazione della vocazione universale è la vocazione di Oblato di Maria Immacolata.
Cosa aggiunge il carisma di Sant’Eugenio de Mazenod alla mia vocazione universale, laicale e matrimoniale? La figliolanza e la fratellanza mi conducono alla “carità, carità, carità e allo zelo per le anime”. Il battesimo comporta un’intima unione con il Salvatore Crocifisso. Questa unione mi porta ad annunciare la buona notizia ai più abbandonati, ai fratelli più svantaggiati. Il battesimo mi rende membro della comunità sacramentale. Come cristiano ho Maria come modello. La vocazione laicale mi rende partecipe attivo della comunità civile. La vocazione matrimoniale mi conduce ad edificare la famiglia, la comunità di Dio più intima.
Cosa aggiunge, dunque, il carisma oblato? (…) La novità della vocazione carismatica, in generale, è “il mettersi insieme” per esaltare uno degli elementi costitutivi della vocazione universale. I contemplativi si mettono insieme per esaltare la preghiera, gli istituti missionari per divulgare la buona notizia, ecc. Sant’Eugenio asseconda la spinta interiore, la chiamata, a cercare dei compagni. Lo stare insieme genera una storia. La storia delle aggregazioni ecclesiali non è il semplice succedersi di avvenimenti. È la narrazione della cooperazione di uomini e donne con lo Spirito Santo. (…)
Ogni famiglia ha la stessa vocazione, ma ogni famiglia è diversa dalla altre, perché i genitori sono diversi. La storia della Famiglia Oblata ha i suoi elementi costitutivi comuni ad altre famiglie missionarie, (l’evangelizzazione, l’opzione per i più abbandonati, la fedeltà alla Chiesa, lo spirito di famiglia, la radice nel Crocifisso, Maria come modello), ma allo stesso tempo è unica nel panorama della Chiesa, perché unici sono i suoi appartenenti. Unici sono Eugenio, Tempier, Jetté, Zago, Lougen, i martiri del Laos e i martiri spagnoli, e uniche le loro storie di cooperazione con lo Spirito Santo e unica la storia oblata nella Chiesa.


Vale la pena di sottolineare che una storia carismatica dipende dall’interconnessione tra personalità degli attori, vocazioni e azione dello Spirito Santo. (…) La storia demazenodiana è collettiva, dal momento che sant’Eugenio ha dato vita ad una fondazione. Cosa avevano in comune il passionale Eugenio e il misurato Tempier? Cosa hanno oggi in comune l’Oblato congolese e l’Oblato olandese? E l’Oblato religioso e l’Oblato laico? Allora, come oggi, hanno in comune la storia comune di cooperazione con lo Spirito Santo per l’evangelizzazione dei più abbandonati, dei poveri dai molteplici volti. Il mettersi insieme, in risposta ad una chiamata dello Spirito, di uomini e donne, religiosi e laici, europei e africani, ricchi e poveri, passionali e flemmatici, genera una storia unica. Alle volte si parla di stile di vita da Oblati. (…)

Il mio senso di appartenenza, il sentire la Famiglia Oblata “mia”, non cambia nel constatare che gli elementi costitutivi del carisma appartengono anche ad altre famiglie missionarie come, ad esempio, i Redentoristi. La famiglia “Teodori” è la mia famiglia perché ci sono io, mia moglie Anna Rita, i miei figli, Alessandro e Francesca. Ci riconosciamo dalle altre famiglie per le nostre persone e per la storia che abbiamo vissuto e viviamo insieme. A me non cambia nulla sapere che il mio vicino ha una moglie e due figli come me e che la sua famiglia si basa sugli stessi elementi della mia.
Cosa apporta concretamente, dunque, il carisma? Occorre guardare alle concrete relazioni tra le sue varie componenti. (…)

Io sono felice e grato di appartenere alla famiglia demazenodiana e di far parte della sua storia unicaIl bicentenario è stata una grande occasione per rivedere l’album di famiglia. I primi passi di Eugenio sacerdote, la prima comunità, la prima regola, le prime missioni, l’apertura delle missioni ad gentes, e poi lo sviluppo della Congregazione, l’allargarsi della Famiglia ai laici, la fondazione di diversi istituti, tutto ciò è un ritrovare le radici della propria storia. È rivedere, riscoprire e rinnovare il nostro essere figli e fratelli da “Oblati demazenodiani”, da Oblati di Maria Immacolata.


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