mercoledì 15 novembre 2017

Padre Liuzzo "servo di Dio"


Alla chiesa di san Nicola ai Prefetti ieri, 14 novembre, abbiamo celebrato l’anniversario della partenza per il cielo di padre Gaetano Liuzzo.
Il Vangelo del giorno, del “servo inutile” sembrava scelto su misura per lui che non ha risparmiato la sua vita, logorandola completamente e lentamente, convinto che il servizio non è un potere ma un allenamento a vivere la croce della fatica, della solitudine, dell’incomprensione, del peso dei fratelli e sorelle con le loro debolezze come con le loro esigenze. Era convinto che è indispensabile essere e restare piccoli per servire realmente, e soprattutto per non “spadroneggiare” su nessuna delle persone affidate…
Nessuna rivendicazione, desiderio di ricompensa, né pretese o attese di trattamenti speciali.
Enrica Di Cianno, che gli è stata vicina per tanti anni, ricorda che ripeteva molto spesso: “Servi inutili siamo e restiamo”.
Quando c’era qualcosa che gli bruciava dentro, come un fallimento visibile solo ai suoi occhi o una troppo amara delusione, dal suo soliloquio con Dio si lasciava sfuggire un bisbiglio appena percettibile: «Oh!... Boh boh boh!... Servi inutili siamo!».
Ma, in Dio, l’apparente inutilità del servo trova il suo posto alla mensa della beatitudine eterna: “Vieni servo buono e fedele, ricevi…”.

Aveva come modello Gesù che “spogliò se stesso assumendola condizione di servo” (Fil 2,6-8). Nella Circolare 50 invitava i membri dell’Istituto che aveva fondato, le COMI, a fare altrettanto, «mettendoti volentieri all’ultimo posto, tacendo sulle tue buone qualità vere o presunte, compiendo volentieri i servizi più modesti (lavare, rassettare…), anzi preferendoli come un bel privilegio.
Quando ti si affidano questi servizi poco graditi alla natura, sappi accoglierli con gioia e mostrartene lieta. Il grande motivo teologico di tale gioia è che così facendo realizzi concretamente quanto ti dirà il Signore alla resa dei conti: “tutto quello che hai fatto ad uno dei miei fratelli più piccoli lo hai fatto a Me” (Mt 25,40): è per Lui e per suo amore che hai lavato, adornato la casa, come una piccola servetta».

Ed aveva davanti il modello di Maria, come scrive il 25 marzo 1960: «Care figliole, la festa odierna ha certamente richiamato al pensiero di tutte voi il motto della Madre Celeste che avete ricevuto come divisa: “Ecce Ancilla Domini”, ecco l'ancella del Signore. Ancella nel senso latino non è la domestica o la cameriera o la serva ma la schiava; e nel senso cristiano è la schiava d'amore, la fedelissima figlia. Riassaporate intentamente, alla luce di Maria, questa splendida divisa intesa come ideale o programma di vita…».

La conclusione di Enrica:
«Il Padre durante la sua vita sulla terra è stato innanzitutto e soprattutto un “servo di Dio” inopinabilmente; ed è stato anche un autentico servo per la Congregazione OMI, per la Chiesa missionaria, per le sue figlie-Comi. 
Ci sarebbe forse qualcosa di male, se, facendo anche tutta la nostra parte, il Signore volendolo, venisse un giorno dichiarato dalla Chiesa “Servo di Dio”?».

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