martedì 5 dicembre 2017

Novena dell'Immacolata / Madre della Missione



Torniamo nel nostro archivio. Sulla parete un altro mosaico: la Madonna delle Filippine. Forse non è un capolavoro, ma è sempre un segno tangibile dell’amore degli Oblati per Maria. Se la Madonna delle Nevi ricorda la prima missione degli Oblati, in America, questa ricorda la seconda missione, in Asia.

Papa Leone XII, nel documento di appro­vazione della Regola, indicava come obiettivo della missione degli Oblati: «portare nel seno di Madre di Misericordia i figli che Cristo dalla croce volle darle».
Ecco perché la seconda casa fondata da sant’Eugenio, subito dopo quella di Aix, era un santuario mariano. «Tutti noi – scriveva al vescovo della diocesi nel cui territorio si trovava il – facciamo professione di devozione specialissima per la Madre di Dio. La Chiesa ci ha imposto il dovere (dolce senza dubbio, ma sempre dovere) di propagare il suo culto». Dal santuario i missionari partivano per irradiare la vita in tutto il territorio circostante, e al santuario accoglievano le persone incontrate nelle varie parrocchie per aiutarle a vivere momenti di particolare comunione con Dio.
Da allora quanti santuari mariano sono stati affidati agli Oblati!

Sant’ Eugenio quando contempla Maria la chia­ma “Madre della Missione”, “Scala di Misericordia”, “Nuova Eva”, “Corredentrice”, “Madre delle anime”, “Madre spiri­tuale di una moltitudine di figli di Dio”, “grande nemica dell’impero del demonio”, “Dispensatrice di grazie”...

È così che Maria diventa – ancora sue parole – “nostra madre”, la “nostra cara madre”, “nostra Patrona”, “nostra Avvocata”, “nostra Regina”. Lei ha ormai il dovere di assisterci fino alla morte, di accoglierci in cielo, di sistemarci “ai piedi del suo Trono”, “vicinissimi alla nostra Patrona”.


Da parte nostra occorre abbandonarsi totalmente a lei, mettendo in lei, dopo Dio, “tutta la nostra fiducia”, “pregandola e invocandola frequentemente”, “imitandone le virtù”, affidando a lei “la custodia della nostra salute nella malattia”, “la sicurezza della nostra vocazione nei casi disperati” e, infine, affidando a lei la nostra persona, affinché nell’ora della morte essa venga a cercarci. 


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